Quando parliamo di advertising digitale, includiamo in questi termini molteplici possibilità: dalle attività a performance, a quelle che coinvolgono direttamente il nostro pubblico, fino all’affissione digitale. Tra tutti i formati implementabili, quello che raccoglie una rilevante percentuale dei nostri investimenti e che è stato il key driver della ripresa dopo-crisi per il mondo pubblicitario, è il video. Il video ha infatti visto una crescita di audience pari al 70% tra il 2010 e il 2017, trainando il mercato e portando a un incremento degli investimenti.
In una strategia di comunicazione che preveda obiettivi di brand awareness, il video è il nostro partner principale. E non faccio riferimento solo alla pubblicità video “tradizionale”: lo spot può essere certamente erogato su qualsiasi piattaforma digitale nei suoi canonici 30″ (meglio 15″ vi diranno, se destinato a uso mobile!).
Tutto ciò è corretto, ma quando si parla di video strategy l’orizzonte si allarga e comprende in particolare il content, la creazione di contenuto originale. Web series, snackable content, short form, queste sono tutte declinazioni di un contenuto che ha una sua forma, un suo storytelling e che, sì, è legato a un brand, ma che non lo strilla in maniera esplicita dal primo all’ultimo secondo.
Il brand diventa naturalmente parte della storia. E qui andiamo nuovamente a rivedere le teorie che sono ancora valide per gli spot pubblicitari online: deve essere inserita una call-to-action chiara, il logo deve essere visibile entro i primi 5 secondi di footage e così via… Nel content marketing queste guidelines non solo non ci aiutano a raggiungere risultati, ma finiscono per essere controproducenti!
L’elemento vincente nel content marketing è l’integrazione del marchio nella storia in maniera sinergica e coerente con il contesto.
Video strategy
Un video non si diffonde da solo, va supportato. La viralità non è così facile da raggiungere e soprattutto, spesso, non è 100% organica e naturale, ma è attivata da una strategia di lancio e da un push pubblicitario! Attenzione quindi a chi racconta di numeri miracolosi, la viralità è un obiettivo molto complesso da raggiungere e che dipende da una molteplicità di fattori.
Non ci sono regole da rispettare nella produzione, per aiutarci a costruire un video efficace, ma ci sono indicazioni:
- Un video solo non basta! Per comunicare messaggi complessi va creato un percorso, uno storytelling e una continuità di tone of voice;
- Il video digitale non deve essere necessariamente breve: la lunghezza e le caratteristiche con cui lo costruiamo saranno dettate dalla piattaforma su cui è prevista l’erogazione;
- Non sono SOLO le visualizzazioni a indicare l’efficacia di un video!
Quando lavoriamo con più di un contenuto video, solitamente è opportuno scegliere un contenuto Hero, il protagonista della nostra comunicazione, che contiene il messaggio principale attorno al quale andiamo a diramare gli altri elementi della strategia.
Si lavora su diverse fasi e su diversi livelli del funnel di conversione classico e in ognuno di questi step il video è un perfetto alleato. Contribuisce ad accompagnare il consumatore al passo successivo.
Un primo step prevede l’intercettazione del nuovo potenziale cliente, si coglie l’occasione per introdurre il brand, il momento delle presentazioni insomma.
Una volta introdotto il mondo del brand, si passa alle argomentazioni che servono a costruire relazione e fiducia. A questo punto l’obiettivo del video è quello di spiegare, argomentare, convincere. Il cliente ci conosce, ora si tratta di coinvolgerlo davvero.
Tutta l’attività a seguire si concentra sul mantenere alta l’attenzione, con obiettivo ultimo la fidelizzazione. Costruiremo contenuto che approfondisce o ribadisce il messaggio, che ne racconta i retroscena, che porta aggiornamenti.
I canali: dove costruire la nostra video strategy
Quando si parla di video, immediatamente pensiamo a YouTube, che del video marketing ha fatto il suo core business e che è ormai associato automaticamente per noi a tutti quei contenuti video brevi o medio lunghi. Naturalmente YouTube ha un ruolo di rilievo, ma non è l’unico player del mercato. Ci sono molti publisher che offrono interessanti portfolio e interessanti piattaforme su cui lavorare con materiali di questo tipo.
A partire dai canali televisivi free, che hanno creato piattaforme catch-up sul Web, fino ai provider di video digitali che sono in grado di offrire supporto su tutta la linea, dalla produzione del contenuto, fino alla distribuzione su un network di siti partner con cui hanno stretto accordi commerciali.
Questa tipologia di pubblicità è solitamente orientata ad obiettivi di pura awareness e notorietà di brand e l’acquisto dello spazio di erogazione del nostro video avviene attraverso un accordo con il publisher stesso o la concessionaria di pubblicità che gestisce i suoi spazi commerciali. I KPI di monitoraggio delle performance sono quindi limitati.
Ci sono invece molte piattaforme, che si possono utilizzare nella cosiddetta modalità self service, che consentono di avere la reale percezione di come il nostro contenuto sta performando e soprattutto di monitorare i risultati in tempo reale. Tra queste naturalmente YouTube stesso, già citato, e i principali social network.
Il nuovo arrivato: IGTV
Tra le novità più recenti il lancio da parte di Facebook di IGTV (Instagram Television). Il servizio, disponibile da giugno 2018, consiste nella possibilità di uploadare su Instagram video verticali. IGTV è stato pensato a partire dell’uso che naturalmente viene fatto del telefono cellulare, per questo motivo i video sono verticali e assolutamente full-screen.
Facebook ha dichiarato “We’ve made it simple, too. Just like turning on the TV”: infatti il servizio si attiva all’apertura della app, non è necessario cominciare con una ricerca per fruire del contenuto postato dalle persone che seguiamo. Come YouTube, anche IGTV ci propone nuovo materiale postato di recente, che il sistema ritiene affine ai nostri interessi, sulla base dei profili che seguiamo, dei post con i quali abbiamo interagito.
I contenuti caricati su IGTV inoltre non hanno scadenza come per le Stories, che hanno una durata molto limitata nel tempo. In termini di engagement, le azioni consentite sono le stesse attive nel newsfeed: like, commenti ed è possibile inviare il video in Direct a un amico.
Ma la novità sta nella lunghezza del materiale caricabile: fino ad ora su Instagram è stato possibile caricare video nel newsfeed per una durata inferiore ai 60’’, in alternativa per le IG Stories il limite è di 15’’. IGTV viene introdotto in questo scenario con un’offerta di contenuto della durata massima di 1 ora. Questo lancio sancisce quindi a tutti gli effetti l’affacciarsi di Instagram nel mondo del long video.
Se vi state chiedendo come monetizzare su questa nuova funzione, purtroppo le opportunità sono limitate, al momento non è prevista pubblicità e pare non vi sia apertura nemmeno per il prossimo futuro. Kevin Systrom, alla guida di Instagram, ha dichiarato che per il momento non è nei piani l’introduzione delle sponsorizzazioni.
Consigliamo comunque di tenere questa piattaforma sotto controllo, non solo per il miliardo di utenti che conta, ma per la crescita a doppia velocità registrata negli ultimi anni e, soprattutto, per l’attenzione che le è stata accordata dalla fascia più giovane della popolazione (solitamente termometro interessante per lo sviluppo e l’estensione dei fenomeni digitali).
Piattaforma video vs. Social network – YouTube vs. Facebook
Facebook stessa aveva tentato lo stesso salto nel passato, focalizzando gran parte della propria offerta pubblicitaria e della propria comunicazione business sul video advertising. Aveva cercato di posizionarsi come una piattaforma di streaming al pari di YouTube. Purtroppo, questo riposizionamento non ha mai riscosso particolare successo, tanto che la proposizione pubblicitaria ha iniziato a essere ritarata sulla base dei risultati.
I video su Facebook hanno infatti un costo per visualizzazione molto contenuto, molto più basso rispetto a quello di YouTube, ma la qualità della view è ben lontana dall’essere paragonabile. Su YouTube andiamo infatti a intercettare traffico qualificato di utenti che si trovano sulla piattaforma proprio allo scopo di fruire materiale video, quindi se non altro, hanno un po’ di tempo a disposizione, sono concentrate sullo schermo, hanno l’audio del device attivo.
Al contrario la fruizione di Facebook è spesso fatta in mobilità, di conseguenza l’audio è inattivo, il video ottiene percentuali di visualizzazione tendenzialmente più basse e l’utilizzo è molto frammentato: è fatto di continui scroll veloci e l’attenzione dedicata a ogni post è davvero limitata.
YouTube non è necessariamente più efficiente ed efficace di Facebook quando si parla di video marketing, semplicemente le due piattaforme hanno due utilizzi diversi e devono essere sfruttate in modo diverso, per perseguire obiettivi diversi. Non essendo alternative, ma complementari, possono anche vivere tranquillamente nella stessa strategia, completandosi anziché duplicare l’audience.
Partendo proprio dal concetto di viralità, differenzia le piattaforme la velocità con cui i video ottengono views. Su Facebook le views attraggono views: se un video ottiene volumi di visibilità importanti nelle prime ore dal caricamento tende ad essere spinto dallo stesso sistema che lo eleva a “contenuto d’interesse”: questo genera a ruota altri volumi di views, portando un picco di visibilità in tempi molto brevi. Quello che invece va perso è la coda lunga, la specialità di YouTube, che al contrario richiede più tempo per carburare: i volumi si muovono più lentamente e in maniera più regolare, ma il contenuto ha una maggiore durata nel tempo.
Date le premesse, un contenuto medio su Facebook ha una durata media più breve, tra i 20 e i 40 secondi, mentre non è raro trovare materiale su YouTube che raggiunge e supera i 10 minuti.
Tra i plus di Facebook va ricordato che il social network è il re dell’engagement, quindi dalla sua parte ha la facile condivisione e la facile reazione al video stesso. Il pubblico è abituato a rispondere ai post con reazioni e lo share del messaggio è a solo un click di distanza. L’interazione per YouTube è invece un obiettivo secondario, tanto che finirebbe per distogliere l’attenzione dal video stesso.
È dunque evidente che gli obiettivi di comunicazione debbano essere adattati alla piattaforma. Solitamente quando lavoriamo su YouTube ha senso tenere d’occhio metriche quantitative..
- Il numero di views
- se parliamo di adv, il costo per singola view (budget / views)
.. e metriche qualitative:
- percentuale media di visualizzazione del video
- completion rate (view complete / view totali)
Quando lavoriamo su Facebook e su contenuto più breve teniamo conto delle stesse metriche quantitative, ma piuttosto che sulla qualità della view ragioniamo sulla qualità dell’interazione:
- se lavoriamo con adv, consideriamo un costo per engagement (budget / totalità delle interazioni con il post)
- possiamo inoltre misurare un engagement rate (totale interazioni con il post video / totale impression sviluppate dal post o totale delle volte in cui è stato visto)
Ultima cosa da ricordare: Facebook fa parte delle attività di marketing definite push, si tratta di contenuto che viene spinto verso l’utente dall’advertiser. L’utente riceve quindi il contenuto passivamente, almeno in prima battuta.
YouTube al contrario è una piattaforma Google, e Google ha costruito il suo business sulle attività cosiddette pull: propone infatti contenuto pubblicitario agli utenti che già lo stanno cercando o che stanno cercando contenuti simili. Si tratta quindi di un fruitore attivo che effettua una ricerca su YouTube oppure su Google (poco male: i risultati video compaiono nel 55% delle ricerche Google e di questi l’82% sono caricati su YouTube!).
Scegliere la piattaforma migliore
Uno degli errori più comuni consiste nel distribuire in maniera casuale il contenuto sulle piattaforme e gli ambienti a disposizione. Abbiamo già introdotto il tema ma ripetiamo che il video va prodotto per uno specifico contesto, il media di erogazione va tenuto in considerazione fin dalla definizione del concept creativo.
“Ho un video, è carino, ci piace, mettiamolo su Facebook, Instagram, si può mettere anche su TikTok (il nuovo social trend per kids e teen), YouTube, sul sito aziendale…”. Questo approccio è ormai obsoleto e percepito negativamente dal pubblico.
Ci sono moltissime agenzie che si occupano proprio di offrire supporto nella costruzione di strategie di digital marketing efficaci ed efficienti, che possono aiutarci a costruire una migliore overview del mercato: per questa ragione può essere utile richiedere preventivi per consulenza in Web marketing.
Per essere sfruttata nel suo potenziale, ogni piattaforma richiede un prodotto creativo adeguato, un messaggio reso con il giusto tone of voice e una struttura del prodotto costruita ad hoc.