Nelle ultime settimane l’attenzione del Governo e della stampa di matrice economica si sta spostando sulle crescenti problematiche legate ai dissesti finanziari degli Enti Locali che, in conseguenza di amministrazioni poco efficienti, contribuiscono ad aumentare il numero dei comunicati di nomina dei componenti delle commissioni straordinarie di liquidazione nella Gazzetta Ufficiale a cui affidare la gestione dei dissesti finanziari di tali Enti. Il problema degli squilibri finanziari degli Enti Locali si ripercuote sulle imprese creditrici (tipicamente aziende municipalizzate e altre imprese che prestano servizi per i Comuni), su Banche e Intermediari finanziari specializzati che, nell’ambito di operazioni di factoring, acquistano crediti verso le amministrazioni locali e, direttamente e indirettamente, sui risparmiatori e sulla collettività.
La quasi totalità degli Enti Locali ha infatti rilevato risultati di gestione positivi sia nel 2016 che nel 2017, mentre sono stati solo 610 nel 2016 (il 12%) e 565 nel 2017 (l’11%), gli Enti in disavanzo. Tuttavia, sommando i risultati positivi con quelli negativi emerge un disavanzo complessivo di oltre 1 mld nel 2017 (l’anno prima era stato di 1,9 mld).
Generalmente gli Enti Territoriali vengono suddivisi in tre tipologie a seconda dello stato di difficoltà finanziaria: i comuni deficitari, quelli in pre-dissesto e quelli in dissesto vero e proprio.
Vengono definiti deficitari quegli Enti che sforano almeno cinque dei dieci parametri stabiliti dal decreto ministeriale del 18 febbraio 2013, per esempio un saldo negativo del risultato contabile di gestione superiore al 5% delle entrate correnti, oppure l’eccessiva quota di residui attivi o passivi in relazione a spese.
Il pre-dissesto, introdotto a partire dal 2012 è una procedura a cui gli Enti Locali in crisi perpetrata ricorrono al fine di evitare il dissesto, e consta di un piano di riequilibrio pluriennale che può essere assistito dallo Stato che può anticipare risorse attingendo da un fondo ad hoc costituito, il Fondo rotativo: l’obiettivo della procedura del pre-dissesto è quindi quello di incrementare le entrate dei Comuni e di contenere gli oneri. Tipicamente gli Enti che ricorrono a questa soluzione vedono crescere la pressione fiscale a scapito dei propri servizi che invece vengono ridotti.
Un Comune è in dissesto finanziario quando “non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili” oppure quando “esistono nei confronti dell’ente locale crediti di cui non si possa far validamente fronte”. Si tratta di fatto di enti in grave stato di insolvenza. In ciò si estrinseca la differenza con il pre-dissesto che invece riguarda Enti Locali in cui lo stato di crisi è di minore gravità. Con il pre-dissesto, i Comuni possono presentare un piano di risanamento alla Corte dei Conti con alcuni margini di manovra, nel caso di dissesto, le misure correttive, come l’aumento delle aliquote fiscali, scattano automaticamente.
Con il Decreto interministeriale Interno e Mef 28 dicembre 2018 sono stati definiti nuovi parametri di deficitarietà strutturale per il triennio 2019/2021, ai sensi del dell’art. 242, comma 2, del Dlgs. n. 257/2000 (Tuel).
L’art. 242, comma 1, del Tuel, stabilisce infatti che sono da considerarsi in condizioni strutturalmente deficitarie gli Enti Locali che presentano gravi ed incontrovertibili condizioni di squilibrio, enucleabili da una Tabella ad hoc, da allegare al rendiconto della gestione, contenente parametri obiettivi, dei quali almeno la metà risultino deficitari.
Gli attuali parametri obiettivi vigenti sono stati definiti con Dm. Interno 24 settembre 2009, sulla base della metodologia approvata nella seduta della Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali del 30 luglio 2009. Il loro utilizzo nel tempo aveva evidenziato un’eccessiva variabilità oltre alla presenza di significativi squilibri pur in presenza di condizioni simili fra i diversi Enti.
Per tali motivi sono stati definiti nuovi parametri volti anche a contenere gli oneri di monitoraggio, a far emergere le criticità relative alla capacità di riscossione degli Enti e a far includere anche i debiti fuori bilancio.
I nuovi parametri, finalizzati a migliorare l’azione predittiva e preventiva, sono entrati in vigore nel 2019, e verranno utilizzati per la prima volta sul rendiconto della gestione 2018 e sul bilancio di previsione 2020/2022.
Gli 8 nuovi Indicatori vengono suddivisi in 7 Indici sintetici e uno analitico e definiscono limiti differenti per ogni categoria di Ente e, in particolare, mirano a verificare la capacità di riscossione dell’ente e l’esistenza di debiti fuori bilancio. Per quest’ultimo aspetto merita sottolineare come i nuovi Indici intendano monitorare il fenomeno debiti fuori bilancio, considerando quelli in corso di riconoscimento, quelli riconosciuti ed in corso di finanziamento e riconosciuti e finanziari.
La parte “core” del nuovo sistema risulta concentrata, in particolare, sui seguenti aspetti:
- capacità di riscossione delle entrate;
- indebitamento (finanziario, emerso, in corso di emersione, improprio);
- disavanzo;
- rigidità della spesa.
Di seguito vengono elencate le Tabelle per Comuni, Province e Città metropolitane, e Comunità montane (https://dait.interno.gov.it/documenti/decreto_fl_28-12-2018.pdf).


Le conseguenze del dissesto finanziario
All’atto della dichiarazione di dissesto del comune, il Sindaco, la Giunta e il Consiglio rimangono in carica ma vengono coadiuvati da una commissione espressamente designata dal Ministero degli Interni.
La commissione si occupa del disavanzo pregresso, mentre l’amministrazione in carica opera sul bilancio “risanato”. Il commissariamento del Comune scatta automaticamente nel caso in cui l’amministrazione non dovesse approvare il bilancio di previsione.
Con la dichiarazione di dissesto viene di fatto “congelata” la scadenza del bilancio e si attiva una procedura straordinaria per la definizione e l’approvazione del bilancio stesso; le conseguenze maggiori del dissesto finanziario si hanno sotto il profilo contabile.
In particolare, viene richiesto all’Ente locale di “contribuire” al risanamento attraverso l’adozione di provvedimenti in ambito Personale e Tributi locali talmente importanti che nella maggior parte dei casi gli Enti giungono alla dichiarazione di dissesto solo quando, in seguito all’attivazione delle procedure esecutive da parte dei creditori, vengono pignorate le giacenze della cassa comunale, sicché non risulta più possibile neppure corrispondere gli emolumenti al personale dipendente.
Concentrandosi sugli effetti della deliberazione del dissesto per i creditori, l’art. 248 (commi 2 e segg.) del Testo Unico degli Enti Locali stabilisce che: “2. Dalla data della dichiarazione di dissesto e sino all’approvazione del rendiconto di cui all’articolo 256 non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell’ente per i debiti che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione. Le procedure esecutive pendenti alla data della dichiarazione di dissesto, nelle quali sono scaduti i termini per l’opposizione giudiziale da parte dell’ente, o la stessa benché proposta è stata rigettata, sono dichiarata estinte d’ufficio dal giudice con inserimento nella massa passiva dell’importo dovuto a titolo di capitale, accessori e spese”. In estrema sintesi le disposizioni prevedono che tutti i crediti anteriori alla dichiarazione di dissesto devono essere verificati dell’organo straordinario di liquidazione, analogamente a quanto avviene con l’accertamento del passivo nella massa fallimentare, e che si paralizzano ed estinguono tutte le azioni esecutive.
Le disposizioni prevedono il blocco delle procedure esecutive, ma non di quelle ordinarie relative all’accertamento dei crediti. Per i crediti certi, supportati da regolare documentazione, i cittadini e le imprese tipicamente evitano l’avvio di inutili contenziosi, ai soli fini dell’accertamento, in quanto solitamente l’Organo Straordinario di liquidazione non contesta il credito.
Tale indicazione è rinvenibile anche nelle disposizioni previste al successivo comma 3 in base a cui: “I pignoramenti eventualmente eseguiti dopo la deliberazione dello stato di dissesto non vincolano l’ente ed il tesoriere, i quali possono disporre delle somme per i fini dell’ente e le finalità di legge”. Il comma 4 inoltre prevede la cristallizzazione dei crediti, che non generano più interessi e rivalutazione: “Dalla data della deliberazione di dissesto e sino all’approvazione del rendiconto di cui all’articolo 256 i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa già erogate non producono più interessi ne’ sono soggetti a rivalutazione monetaria. Uguale disciplina si applica ai crediti nei confronti dell’ente che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione a decorrere dal momento della loro liquidità ed esigibilità”.
I possibili pagamenti ai creditori avvengono tipicamente attraverso due modalità:
- una cd. ordinaria, in cui l’Organo straordinario di liquidazione, dopo aver accertato i vari crediti, propone dei piani di riparto parziale, anche subordinatamente alla contrazione di mutui con la Cassa depositi e Prestiti aventi come scopo il risanamento dei debiti;
- una cd. “semplificata” sancita dall’art. 258 del T.U., attraverso transazioni a stralcio con percentuali che vanno dal 40 al 60 %.
Entrambe le fasi passano attraverso lo svolgimento di lunghe attività di ricognizione e verifica dei crediti, che riguardano l’intera massa passiva. Tali tempistiche variano molto da Comune a Comune, e possono richiedere anche alcuni anni. Accertato il passivo l’Ente Locale può richiedere delle anticipazioni di durata ventennale, senza oneri a carico dello Stato, a sostegno del risanamento del passivo. E’ altresì prevista la possibilità di richiedere un contributo straordinario calcolato sui possibili avanzi di gestione del fondo statale.
L’Organo straordinario di liquidazione può procedere alla vendita degli asset immobiliari, per aumentare le disponibilità da convogliare nel pagamento dei creditori. In tal senso l’art. 255 comma 9 precisa che “9. Ove necessario ai fini del finanziamento della massa passiva, ed in deroga a disposizioni vigenti che attribuiscono specifiche destinazioni ai proventi derivanti da alienazioni di beni, l’organo straordinario di liquidazione procede alla rilevazione dei beni patrimoniali disponibili non indispensabili per i fini dell’ente, avviando, nel contempo, le procedure per l’alienazione di tali beni. Ai fini dell’alienazione dei beni immobili possono essere affidati incarichi a società di intermediazione immobiliare, anche appositamente costituite”.
Sempre il comma 9 prevede che “L’ente locale, qualora intenda evitare le alienazioni di beni patrimoniali disponibili, è tenuto ad assegnare proprie risorse finanziarie liquide, anche con la contrazione di un mutuo passivo, con onere a proprio carico, per il valore stimato di realizzo dei beni. Il mutuo può essere assunto con la Cassa depositi e prestiti ed altri istituti di credito. Il limite di cui all’articolo 204, comma 1, è elevato sino al 40 per cento”. Si tratta di un limite molto elevato, ove si consideri che attualmente ai sensi dell’art. 204 il limite alla contrazione di mutui è del 10% rispetto alle “entrate relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l’assunzione dei mutui”.
Dopo l’accertamento e la formazione della massa passiva, con la procedura ordinaria è previsto il progressivo pagamento con “acconti”, proporzionalmente alle disponibilità liquide. In tal senso l’art. 256 del Testo Unico degli Enti Locali prevede che “4. Entro 30 giorni dall’erogazione del mutuo l’organo straordinario della liquidazione deve provvedere al pagamento di acconti in misura proporzionale uguale per tutte le passività inserite nel piano di rilevazione. Nel determinare l’entità dell’acconto l’organo di liquidazione deve provvedere ad accantonamenti per le pretese creditorie in contestazione esattamente quantificate. Gli accantonamenti sono effettuati in misura proporzionale uguale a quella delle passività inserite nel piano. Ai fini di cui al presente comma l’organo straordinario di liquidazione utilizza il mutuo erogato da parte della Cassa depositi e prestiti e le poste attive effettivamente disponibili, recuperando alla massa attiva disponibile gli importi degli accantonamenti non più necessari”. Da qui si procede col pagamento di ulteriori acconti.
Con la procedura “semplificata” sono previste transazioni a saldo e stralcio che vengono liquidate entro gg 30 dall’accettazione, con una quota che varia tra il 40 e il 60%. La possibilità di ricorrere a tale modalità è subordinata alla disponibilità di risorse finanziarie per l’ente.
La procedura semplificata viene fortemente incentivata, prevedendo con l’art. 14 della legge 113 del 2016 che “Parimenti ai comuni ((, alle province e alle città metropolitane)) che hanno deliberato il dissesto finanziario a far data dal 1° giugno 2016 e sino al 31 dicembre 2019 e che hanno aderito alla procedura semplificata, di cui al richiamato articolo 258, è attribuita, previa istanza dell’ente interessato, un’anticipazione sino all’importo massimo annuo di 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, da destinare all’incremento della massa attiva della gestione liquidatoria per il pagamento dei debiti ammessi con le modalità di cui all’anzidetto articolo 258, nei limiti dell’anticipazione erogata”.
“L’anticipazione – si legge ancora nella norma – è ripartita, nei limiti della massa passiva censita, in base ad una quota pro-capite determinata tenendo conto della popolazione residente, calcolata alla fine del penultimo anno precedente alla dichiarazione di dissesto secondo i dati forniti dall’Istat, ed è concessa con decreto annuale non regolamentare del Ministero dell’interno nel limite di 150 milioni di euro per ciascun anno, a valere sulla dotazione del fondo di rotazione di cui all’articolo 243-ter del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. L’importo attribuito è erogato all’ente locale il quale è tenuto a metterlo a disposizione dell’organo straordinario di liquidazione entro trenta giorni. L’organo straordinario di liquidazione provvede al pagamento dei debiti ammessi, nei limiti dell’anticipazione erogata, entro novanta giorni dalla disponibilità delle risorse”.
“La restituzione dell’anticipazione è effettuata – continua l’art. 14 – con piano di ammortamento a rate costanti, comprensive degli interessi, in un periodo massimo di venti anni a decorrere dall’anno successivo a quello in cui è erogata la medesima anticipazione, mediante operazione di girofondi sull’apposita contabilità speciale intestata al Ministero dell’interno. Il tasso di interesse da applicare alle suddette anticipazioni sarà determinato sulla base del rendimento di mercato dei Buoni poliennali del tesoro a 5 anni in corso di emissione con comunicato del Direttore generale del tesoro da emanare e pubblicare sul sito internet del Ministero dell’economia e delle finanze. In caso di mancata restituzione delle rate entro i termini previsti, le somme sono recuperate a valere sulle risorse a qualunque titolo dovute dal Ministero dell’interno, con relativo versamento sulla predetta contabilità speciale. Per quanto non previsto nel presente comma si applica il decreto del Ministro dell’interno 11 gennaio 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 33 dell’8 febbraio 2013, adottato in attuazione dell’articolo 243-ter, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. ((1-bis. Per le province e le città metropolitane, l’importo massimo dell’anticipazione di cui al comma 1 è fissato in 20 euro per abitante). In alternativa i creditori possono sperare di ricevere di più, e quindi non accettare la transazione ed attendere i pagamenti parziali.”.
L’art. 256 comma 12 infine prevede che “12. Nel caso in cui l’insufficienza della massa attiva, non diversamente rimediabile, è tale da compromettere il risanamento dell’ente, il Ministro dell’interno, su proposta della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali, può stabilire misure straordinarie per il pagamento integrale della massa passiva della liquidazione, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico dello Stato. ((Tra le misure straordinarie è data la possibilità all’ente di aderire alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale prevista dall’articolo 243-bis))”.
Il Fondo rotativo, oltre a favorire l’anticipazione ventennale per gli Enti dissestati, viene impiegato anche come strumento di sostegno per le misure straordinarie rese necessarie dall’insufficienza della massa attiva.
Principali conseguenze del dissesto degli enti locali
Il dissesto di un Ente Locale produce una serie di conseguenze a cascata che ne compromettono l’operatività soprattutto in ambito economico-finanziario e politico-sociale. In particolare, come si è detto, dalla data della dichiarazione di dissesto e sino all’approvazione del rendiconto non possono essere avviate o proseguite procedure esecutive contro l’Ente Locale per i debiti di competenza dell’organo straordinario di liquidazione: i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa già erogate non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria.
Le procedure esecutive pendenti alla data della dichiarazione di dissesto, nelle quali sono scaduti i termini per l’opposizione giudiziale da parte dell’ente, o la stessa benché proposta è stata rigettata, sono dichiarate estinte d’ufficio dal giudice con inserimento nella massa passiva dell’importo dovuto a titolo di capitale, accessori e spese.
I pignoramenti eventualmente esperiti dopo la deliberazione dello stato di dissesto non vincolano l’ente ed il tesoriere, i quali possono disporre delle somme per altre finalità dell’Ente Locale.
L’Ente Locale che va in default non può stipulare prestiti e non può impegnare per ciascun intervento somme complessivamente superiori a quelle definitivamente previste nell’ultimo bilancio approvato, comunque nei limiti delle entrate accertate. I relativi pagamenti in conto competenza non possono mensilmente superare un dodicesimo delle rispettive somme impegnabili, con esclusione delle spese non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi.
Per le imposte e le tasse locali, diverse dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, le aliquote e le tariffe di base vengono innalzate nella misura massima consentita: tale disposizione non è revocabile ed è valida per cinque anni.
Per la tassa smaltimento rifiuti solidi urbani, gli Enti Locali in dissesto devono applicare misure tariffarie che assicurino la copertura integrale dei costi di gestione del servizio e, per i servizi produttivi ed i canoni patrimoniali, devono applicare le tariffe nella misura massima consentita dalle disposizioni vigenti.
Per i servizi a domanda individuale (ad esempio mense scolastiche, scuolabus etc.), il costo di gestione deve essere coperto con proventi tariffari e con contributi finalizzati almeno nella misura prevista dalle norme vigenti.
Dal punto di vista politico, gli amministratori riconosciuti responsabili, anche in primo grado, dalla Corte dei Conti, di danni cagionati con dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire incarichi pubblici per dieci anni e non sono candidabili, per un periodo di dieci anni, alle cariche di sindaco, di presidente di provincia, di presidente di Giunta regionale, nonché di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo.
Alcuni dati statistici delle criticità finanziarie
In base a quanto rinvenibile dalla Relazione sulla Gestione Finanziaria degli Enti Locali nel 2018 hanno registrato una grave criticità finanziaria 72 Comuni (7 al Nord, 7 al Centro e 58 al Sud e Isole), di cui 42 procedure di riequilibrio e 30 dissesti (3 di questi, Campione d’Italia, Bojano e Partinico sono arrivati al dissesto passando per la procedura di riequilibrio, entrambe aperte nell’anno 2018).
La popolazione interessata è di 1.540.296 abitanti (1.214.059 al Sud e Isole, con 34 riequilibri e 24 dissesti; 190.371 nel Centro, 2 riequilibri e 5 dissesti; e, infine, 135.866 nel Nord, 6 riequilibri e 1 dissesto). Contribuiscono ad elevare il numero di abitanti coinvolti i dissesti dei Comuni di Terni e Catania, che insieme superano i 400.000 abitanti, oltre ad alcuni importanti centri della Puglia che hanno attivato la procedura di riequilibrio (Lecce, Manfredonia e Andria che, nel complesso, hanno circa 250.000 abitanti), oltre al lombardo Sesto San Giovanni (80.000 abitanti).

Oltre alle tre Regioni critiche (Calabria, Sicilia e Campania), si registra una certa dinamicità del fenomeno anche nel Lazio e in Puglia.
In generale il fenomeno del dissesto è correlato alla grande crisi finanziaria. Dopo la drastica riduzione del periodo 1996-2007, dovuta alla introduzione, nel 1993, dell’organismo straordinario di liquidazione (d.l. n. 8/1993, conv. nella l. n. 68/1993) e, dal 2001, alla riforma costituzionale del Titolo V, che ha inibito la possibilità della contrazione del mutuo a carico dello stato per ripianare la massa passiva, il fenomeno dei dissesti è ripartito con forza dal 2008.

Dal 1989 sono state attivate 618 procedure di dissesto da un numero inferiore di Comuni (583) poiché in alcuni casi lo stesso Ente si è trovato nella condizione di doverlo attivare una seconda volta.

Il grafico sopra riportato evidenzia una forte concentrazione del fenomeno in Calabria e Campania, seguite con forte stacco da Sicilia, Puglia e Lazio).
Con riferimento alle procedure di riequilibrio, da quando è stata introdotta la procedura, 308 Comuni ne hanno richiesta l’attivazione.

Con riferimento alle procedure di riequilibrio per Regione si confermano le criticità delle tre Regioni meridionali particolarmente interessate da dissesti (Sicilia, Calabria e Campania), ma il fenomeno si presenta più diffuso, anche in Regioni virtuose (si nota in particolare la Lombardia con ben 22 procedure attivate).

Infine, la sovrapposizione tra i due istituti è rinvenibile dal numero di dissesti preceduti (spesso di anni) dall’attivazione di procedure di riequilibrio: dal 2012, sono ben 73.

In conclusione, si può affermare che il fenomeno della crisi finanziaria degli Enti locali sta conoscendo una fase di particolare sviluppo in qualche misura conseguente anche alla particolare fase congiunturale ed ha una marcata connotazione territoriale. Le procedure di dissesto e di riequilibrio pluriennale presentano forti criticità (irrigidimento operativo e eccessiva burocratizzazione) e non risultano adeguate ad affrontare con incisività sia i casi di squilibrio strutturale sia quelli accidentali.
Risulta quindi necessario rivedere l’attuale disciplina, che risulta peraltro di non semplice applicazione anche per la proliferazione normativa che ha interessato la materia negli ultimi anni. Occorre prevedere misure preventive, basate su adeguate procedure di monitoraggio, e misure correttive, legate a efficaci procedure di risanamento finanziario.
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