Nell’ultimo triennio il comparto bancario è stato caratterizzato, tra i vari aspetti, da numerose operazioni di cessione di crediti deteriorati. A settembre del 2018 l’NPL ratio lordo delle banche italiane era pari al 9,8 per cento, contro il 16,5 alla fine del 2015; i corrispondenti valori al netto delle rettifiche erano 4,8 e 9,8 per cento, rispettivamente. Oltre il 50% dei NPL netti era rappresentato da UTP (Unlikely to pay).
Dal 2015 si è assistito ad una forte riduzione dei crediti deteriorati, grazie alle operazioni di cessione realizzate sul mercato e alla progressiva riduzione del flusso dei nuovi prestiti anomali. Tali cessioni, che hanno principalmente riguardato posizioni in sofferenza, hanno avuto ripercussioni pesanti sui bilanci delle banche. In base a recenti rilevazioni di Debtwire, dei 205,2 mld di euro di cessioni di NPLs registrate in UE, € 103,6 mld sono state realizzate in Italia.
Nel 2018 le cessioni di NPLs (pari a complessivi € 55 mld) hanno superato di € 15 mld l’ammontare pianificato dalle banche all’inizio dell’anno e hanno riguardato anche prestiti classificati come inadempienze probabili per 5 miliardi (2 nel 2017).
Tra la fine del 2015 e la fine del 2018 i NPLs delle banche meno significative italiane (Less Significant Institutions, LSI) si sono ridotti di oltre un terzo e il coverage ratio è cresciuto di circa sei punti percentuali.
In Italia, tra i vari aspetti, si è assistito ad un maggior ricorso rispetto ad altri Paesi a veicoli di cartolarizzazione costituiti ad hoc per la cessione di tali crediti ed il collocamento dei relativi titoli sul mercato, ovvero in BCE attraverso la loro collateralizzazione.

Sulla base di dati di Banca d’Italia, alla fine del 2018 il 55% delle consistenze di cartolarizzazioni (133 miliardi su 277) si riferiva a NPLs: in crescita rispetto al 2017 (47%) e al 2016, quando tale tipologia di operazioni superava di poco il terzo del totale.
Dall’analisi delle operazioni di significativo trasferimento del rischio realizzate sinora è emerso uno schema di gestione degli NPLs che può essere così sintetizzato:
- in partnership con un investitore esterno, la Banca crea un’apposita società e le cede in tutto o in parte il proprio stock di NPLs: la società cessionaria acquisisce la proprietà e cura la gestione degli NPLs;
- nel rispetto delle condizioni necessarie al deconsolidamento contabile e prudenziale degli NPLs, la banca acquisisce la più ampia quota di possesso possibile di questa società (fino a un massimo del 49 per cento), per assicurarsi una quota consistente dei suoi profitti.
Questo modello consente da un lato di ridurre l’incidenza degli NPLs in bilancio, dall’altro di contenere il trasferimento di valore al di fuori della banca. Si tratta di uno schema adatto a banche di medio-grandi dimensioni, o consorzi di banche più piccole (ad esempio attraverso le cosiddette operazioni multi-originator).
Oltre che per effetto delle cessioni, il calo dello stock di NPLs nell’ultimo triennio è riconducibile ad ulteriori fattori:
- il (lieve) miglioramento congiunturale, che ha contribuito a riportare il flusso di nuovi NPLs su valori analoghi o inferiori a quelli rilevati prima del 2008 e ha influenzato positivamente i prezzi delle posizioni assistite da garanzie, in gran parte di tipo immobiliare;
- le disposizioni introdotte nel 2015 e nel 2016 per velocizzare le procedure esecutive immobiliari: ad esempio, prima dell’introduzione delle nuove norme solo l’8 per cento delle procedure esecutive completava la fase di vendita entro un anno dall’avvio; in seguito alla riforma, tale quota ha superato il 20 per cento;
- dal lato delle banche, sono stati registrati sensibili miglioramenti nella qualità delle basi dati analitiche sottostanti i portafogli, essenziali ai fini sia delle due diligence che precedono le operazioni di cessione che nelle successive fasi che riguardano la gestione di questi asset;
- alla diffusione di modelli di business, nell’ambito di Banche e Intermediari, basati sull’acquisizione e sulla gestione di pacchetti di NPLs che hanno comportato mutamenti anche strutturali del mercato. Di rilievo il fenomeno delle banche che hanno deciso di specializzarsi nel segmento dei NPLs. Secondo rilevazioni di Banca d’Italia, ad oggi 5 LSI specializzate hanno in bilancio NPLs (anche in forma di asset backed securities) per complessivi 1,3 miliardi, corrispondenti a 20 miliardi in termini lordi. Due anni fa gli stessi aggregati si attestavano rispettivamente a 700 milioni e a 12 miliardi.
Gli ambiti gestionali dei crediti deteriorati
Le Banche hanno ridotto le consistenze dei NPLs per l’effetto congiunto di diversi fattori:
- i sempre più pressanti incipit regolamentari, soprattutto a livello europeo, che hanno talvolta comportato la necessità di cedere i NPLs a condizioni economiche poco convenienti: nel 2018 i prezzi di cessione delle sofferenze, misurati in rapporto al Gross Book Value, sono risultati pari al 33 per cento per i crediti assistiti da garanzie reali, in linea con quelli del 2017; per le altre posizioni sono aumentati di due punti percentuali, fino all’11 per cento;
- per migliorare la redditività. I NPLs comportano infatti l’aumento di due categorie di costo:
- uno di tipo ‘finanziario’ (costo del credito) legato agli accantonamenti sui crediti a fronte di deterioramento e a write-off;
- uno di tipo operativo, rappresentato dai costi legali e amministrativi connessi alla gestione di tali tipologie di crediti.
- per ridurre gli assorbimenti patrimoniali. La classificazione dei crediti tra i deteriorati comporta infatti l’aumento delle ponderazioni fino al 150%, circostanza che a sua volta determina:
- una minore capacità di aumentare i volumi di attività, attraverso nuovo credito, atteso che essi comportano nuovi rischi e necessitano di capitale regolamentare aggiuntivo;
- un aumento del costo delle risorse finanziarie utilizzate dalla banca per il processo di intermediazione creditizia, aumento determinato dall’incremento del peso del patrimonio sul totale delle risorse e per l’aumento del costo della raccolta, soprattutto della componente all’ingrosso.
A fronte di nuovi crediti deteriorati, la Banca deve definire la propria strategia, che alternativamente può riguardare:
- il mantenimento dei crediti deteriorati nei portafogli bancari;
- la cessione dei crediti a terzi;
- l’affidamento a terzi della loro gestione.
La scelta di mantenere internamente la gestione dei NPLs comporta tipicamente i seguenti benefici:
- la Banca mantiene la piena titolarità e gestione degli strumenti per governare il rapporto con il debitore (direttamente o tramite terzi);
- la possibilità di evitare situazioni che comportino dispersione di valore, rappresentata dalla possibilità concreta di rilevare incassi anche consistenti dalla gestione diretta delle singole posizioni, valore che invece non emergerebbe qualora le valutazioni sulle performance di questi portafogli venissero lasciate al mercato con un approccio meramente statistico, basato su valori medi o mediani, che spesso non considera la presenza di garanzie accessorie (personali o giudiziali);
- la Banca può porre in essere una strategia di recupero autonoma e coerente con le proprie policy di recupero;
- vi è la possibilità di tenere traccia delle performance di recupero sui singoli segmenti di portafoglio così da alimentare basi dati utili alle statistiche ai fini di risk management.
A fronte di tali indubbi vantaggi, sono rilevabili tra gli altri i seguenti negativi aspetti:
- risulta più complicato perseguire politiche di cost containment, atteso che le principali voci di spesa sui NPLs tendono a rimanere fissi con la soluzione in house;
- impossibilità di liberare capacità produttive, si verifica al contrario la crescita delle strutture di gestione interna, con conseguente sovraccarico di attività per i gestori;
- difficoltà ad accedere alle best practice in tema di recupero, con conseguenze sulle performance di recupero;
- difficile gestione dei legali esterni, ancorché accompagnata da convenzioni standard con declinazione dei poteri decisionali con riferimento alle azioni da intraprendere sulle singole posizioni creditorie e dei costi da rispettare per l’espletamento dei propri servizi;
- difficile gestione delle priorità tra le varie pratiche;
- difficile monitoraggio sui carichi di lavoro e sulle performance.
- necessità di prevedere adeguati sistemi di incentivazione.
Da altro punto di vista l’affidamento a terzi della gestione dei crediti deteriorati comporta diversi vantaggi:
- l’opportunità di ri-focalizzare l’attenzione sulle posizioni considerate core, con conseguente miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia dei processi gestionali;
- il conseguimento di target di redditività: attraverso la cessione di attivi la Banca si trova a disporre di nuova liquidità che può essere reimmessa nel ciclo del credito attraverso la concessione di nuovi prestiti che, a differenza di quelli deteriorati e ceduti, producono flussi di ricavi da interessi e commissioni;
- patrimonializzazione: l’eliminazione dal bilancio di poste con elevato assorbimento patrimoniale consente un recupero di capitale che a sua volta consente l’erogazione di nuovi prestiti;
- contenimento degli ambiti di rischiosità della Banca: la cessione di attività deteriorate migliora la valutazione della rischiosità da parte del mercato e può comportare benefici anche in termini di rating (con positive ripercussioni sulla raccolta all’ingrosso) e sulla valutazione delle azioni.
Da altro punto di vista, si rilevano i seguenti aspetti critici nell’affidamento a terzi della gestione dei NPLs:
- necessità di strumenti di monitoraggio ad hoc e di competenze gestionali non tipici delle strutture bancarie;
- difficoltà di creare contesti competitivi tra più operatori, con individuazione di adeguati Key Performance Indicators (KPI);
- presenza di possibili differenze tra il valore netto cui i prestiti sono iscritti in bilancio e il loro valore di mercato, ossia il prezzo cui gli investitori sono disposti ad acquistare questi attivi, con sorgere di un rilevante pricing gap.
In ogni caso, la valutazione dei costi e delle opportunità legate alla cessione dei NPLs è funzione della situazione di ciascuna banca in termini di liquidità e di patrimonializzazione, oltre che della gravità del deterioramento del credito.
Con riferimento al primo aspetto la situazione del sistema bancario italiano appare piuttosto variegata: accanto a banche virtuose che hanno effettuato negli scorsi anni consistenti accantonamenti, avvicinando i valori contabili a quelli di mercato, e hanno nel contempo innalzato il proprio patrimonio ai più elevati requisiti imposti dalla vigilanza, vi sono banche per le quali il rapporto tra la consistenza dei fondi svalutazione crediti stanziati e l’aggregato degli NPLs è ancora migliorabile e altrettanto ridotti risultano i ratios patrimoniali. Per gli Istituti di credito appartenenti a questa seconda categoria, gli ostacoli alla cessione dei NPLs risultano maggiori.
Per quanto attiene al secondo aspetto, la cessione dei crediti risulta essere una soluzione tipicamente più adatta per le sofferenze. Considerati i fattori che generano un potenziale pricing gap, i crediti che hanno maggiori probabilità di essere oggetto di cessione sono quelli caratterizzati da un maggiore coverage rate, atto a contenere il possibile divario tra valore di libro e prezzo di cessione/acquisto e tra quest’ultimo e il recovery value.
Considerazioni conclusive
L’evidenza empirica dimostra che non è ipotizzabile un’unica soluzione gestionale che possa risultare al tempo stesso la più efficace, tempestiva ed efficiente. Si ritiene invece preferibile ricorrere a più soluzioni da combinare a seconda delle caratteristiche delle diverse esposizioni presenti nei portafogli.
L’aspetto determinante che garantisce i migliori risultati riguarda l’attivazione sistematica e coerente delle tre leve gestionali – gestione interna, outsourcing e cessione – a disposizione degli Istituti di credito, a seconda delle caratteristiche del portafoglio NPLs e dell’entity che lo detiene. Le opportune linee d’azione vanno definite in base alla valutazione di aspetti quali:
- l’appetito degli investitori, oggi più orientato agli UTP e al secondario;
- la presenza di servicer professionali: l’Italia come noto vanta oggi una decina di operatori professionali (tra cui Italfondiario, Cerved C.M., Prelios, CAF, Guber, FBS), che vantano un’esperienza pluriennale nel settore e il cui business si è sviluppato soprattutto a servizio di investitori internazionali, per conto dei quali hanno gestito portafogli di Npls;
- l’effettivo accesso alle tre leve gestionali sopraccitate da parte delle Banche italiane. Gli Istituti di minor dimensione possono trovare difficoltà a ricorrere alla cessione. Infatti, il mercato della cessione per sua natura predilige operazioni di importi significativi (min. 15-20 mln). Tuttavia, è opportuno sottolineare come negli ultimi anni alcuni istituti di minore dimensione si siano organizzati facendo confluire i loro portafogli Npls in modo tale da accedere alla liquidità messa a disposizione da parte di investitori internazionali.
Nell’esplicazione delle attività connesse a due diligence e alla gestione di NPLs, potrebbe risultare utile essere affiancati da un consulente legale o da professionisti specializzati in tali operazioni. In tal senso sono oggi disponibili sul mercato online numerosi siti e piattaforme che permettono di agevolare l’individuazione del miglior consulente in materia di recupero crediti. Tra queste, spiccano quelle che permettono di richiedere preventivi per consulenza direzionale a professionisti del settore, in grado di sviluppare un’offerta indirizzata alla specifica situazione ed esigenze. La Banca, l’intermediario o l’impresa cliente potrà quindi valutare la migliore offerta tarata sulle proprie necessità, soppesando pregi e benefici di tutte le offerte ricevute tramite tali piattaforme di beauty contest.